“Arrivato dove desiderava, cominciò a piantare la sua asta di ferro in
terra. Faceva così un buco nel quale depositava una ghianda, dopo di
che turava di nuovo il buco. Piantava querce. Gli domandai se quella
terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo
sapeva. Supponeva che fosse una terra comunale, o forse proprietà di
gente che non se ne curava? Non gli interessava conoscerne i
proprietari. Piantò così le cento ghiande con estrema cura. Dopo il
pranzo di mezzogiorno, ricominciò a scegliere le ghiande. ... Da tre anni
piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di
centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di
perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quel che c'è
di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila
querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c'era
nulla.”
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